L’altra energia. Cosa succede se il petrolio va in vacanza
Mag 13th, 2011 | Di cc | Categoria: AmbienteL’Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, ha stilato un nuovo Report sulle fonti di energia rinnovabile. Il documento, salutato con entusiasmo dalle associazioni ambientaliste, è il frutto di uno studio condotto sulle c.d. energie “alternative”, sulle quali è stata anche eseguita un’analisi in termini socio-economici. Partendo da una rassegna dell’attuale situazione energetica mondiale, lo studio arriva alla conclusione che, entro il 2050, il 2,5% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili potrà soddisfare l’80% del fabbisogno energetico mondiale.
Pertanto, se i governi continuassero ad investire in fonti di energia rinnovabile, piuttosto che su impianti basati sulle fonti fossili, verrebbe posto un freno all’inquinamento ed al surriscaldamento del pianeta, grazie ad una massiccia diminuzione di emissioni di gas serra. Al tempo stesso, si affermerebbe anche l’indipendenza energetica dell’Occidente dai paesi dell’ Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries, ndr). Il rapporto si conclude con un invito ai governi affinché non pongano alcuna barriera politica all’impiego intensivo di energia rinnovabile, però senza alcuna menzione degli effetti destabilizzanti che esso avrebbe, in termini economici e sociali, sull’assetto geopolitico mondiale. Infatti, sebbene il petrolio ed il gas siano in diminuzione ed anche alcuni paesi arabi abbiano cominciato ad investire nell’energia solare, la fonte primaria della loro ricchezza resta ancora incentrata sullo sfruttamento degli idrocarburi, che rappresentano la loro fonte primaria di reddito.
Prima del boom petrolifero, gli stati arabi erano assopiti nella solitudine e nella semplicità del deserto, ma il petrolio ha conferito loro potere e ricchezza. All’improvviso, per alcuni le distanze del deserto si sono accorciate, per altri sono diventate il modo per rifugiarsi in un nascondiglio sicuro, protetto dalla tradizione e dalla legge di Allah. Ma i boom economici non offrono alcuna certezza di stabilità, in quanto, oltre a non garantire le auspicate evoluzioni culturali, hanno anche l’inconveniente di esaurire, nel tempo, la capacità di crescita di una nazione.
Negli ultimi anni, la flessione dell’economia mondiale ha già fortemente intaccato le esportazioni di greggio e costretto molti immigrati a fare ritorno a casa. Ciò rappresenta il problema più pressante per gli Emirati, dove la popolazione autoctona costituisce una minoranza. Quando il petrolio cadrà in disuso, la disoccupazione alimenterà una nuova crisi economica, che farà implodere un sistema basato sulla politica di esportazione e sullo sfarzo sfrontato, ostentato elusivamente dalle classi privilegiate. Perché nessuna economia dipende così tanto dal petrolio come nel mondo arabo.
Nei paesi del Medio Oriente, i rais utilizzano immensi capitali come strumento per conservare il potere politico, supportando il commercio locale, esigendo poche tasse e salvando le imprese che falliscono. Eppure, il tenore di vita, il livello di alfabetizzazione e il reddito pro-capite restano generalmente bassi.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito al tentativo dei capi arabi di aggrapparsi al loro potere, mentre folle disorientate continuano ad invocare il crollo di regimi che esse stesse hanno spalleggiato. Ci piacerebbe credere nella genuinità delle rivolte, fingere che siano state immuni da ingerenze occidentali e che abbiano effettivamente dato vita ad un autentico risorgimento arabo.
La scelta di intraprendere nuovi conflitti armati - come nel caso libico - e la volontà di utilizzare nuove fonti energetiche, contribuiscono a sgretolare un sistema che resiste solo grazie alla politica del terrore. Dietro l’ombra delle potenze occidentali, la popolazione ha cominciato a rivendicare, più che la democrazia, il diritto di partecipare a ciò che resta di quelle briciole di ricchezza riservata alle elite. Quando le difficoltà finanziarie si acutizzeranno, alimentate dall’affermazione di nuove fonti di energia, anche i nostri vicini, guardando i pozzi ormai inutilizzati, conosceranno la maledizione della ricchezza petrolifera. Molti saranno costretti a salire su vecchi barconi alimentati a gasolio per raggiungere le nostre coste, altri saranno traditi ancora una volta dalle false aspettative di una democrazia importata. E noi, forse, subiremo la rabbia di milioni di nuovi poveri, privi di fonti energetiche e senza sogni di ricchezza.
Rosemary Fanelli