Quei giudizi della Confindustria

Mag 10th, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

Né politici né sindacalisti, solo imprenditori alle assise di Confindustria a Bergamo. Con blindatura (invero singolare) anche per la stampa, così che per quel che è accaduto ci si deve affidare soltanto alla sintesi finale di Emma Marcegaglia, pure se trapelano i contenuti di interventi che per l’attuale presidenza non sono state rose e fiori: pressanti critiche dal Nord-Est, la richiesta di meno convegni e più fatti, il tema della presenza sempre più debordante nella struttura associativa di aziende a capitale pubblico (mentre pezzi importanti di privato se ne vanno: vedi Fiat).Ma restando alla narrazione ufficiale, quella della Marcegaglia, non c’è stata alcuna svolta epocale. Tale non può dirsi infatti l’invocazione di “grandi riforme”, una richiesta che oggigiorno è lo slogan di tutti, dall’Udc al Pd, dalla Cgil appunto a Confindustria. Dalla cui presidenza arriva quindi una critica al governo, mentre al premier che aveva invitato gli industriali a “fare qualcosa di più per noi” risponde: “Noi facciamo già abbastanza tutti i giorni”.E’ però di tutta evidenza che quelle parole di Berlusconi (imprenditore di successo egli stesso) non possono essere liquidate con una battuta, come appare superficiale il giudizio sul governo e sui contenuti del decreto sviluppo. Non è inopportuno quindi rinfrescare la memoria alla Confindustria. Riforme. Il centrodestra ha dato a questo paese una delle migliori riforme delle pensioni a livello europeo, ha attuato le riforme della scuola di ogni ordine di grado, dell’Università, della giustizia civile, del federalismo, della pubblica amministrazione. Entro la legislatura sarà pronta la riforma fiscale, che tutti chiedono e che nessuno pretende né può pretendere (salvo Confindustria?) che veda la luce con uno schiocco di dita. Semplificazioni. Non può sfuggire alla Confindustria, che chiede più liberalizzazioni e semplificazioni, quel che c’è nel decreto del governo: la regola del silenzio-assenso per l’ampliamento delle cubature edilizie, l’introduzione di una semplice segnalazione di inizio lavori al posto di una licenza, le nuove norme sugli appalti, la cancellazione di innumerevoli step burocratici per le imprese. Cosa è tutto questo? Il piano per il Sud. Alla Marcegaglia non va bene neppure il credito d’imposta per nuove assunzioni nel Mezzogiorno, liquidata in maniera sprezzante come “manovra elettoralistica”, aggiungendo che “sull’accesso al lavoro non vogliamo intermediazioni della politica”. Una posizione senza capo né coda su un provvedimento che va in una direzione che ha portato sviluppo in tante ragioni svantaggiate d’Europa (dal Portogallo alla Gran Bretagna): bonus fiscale per assunzioni vere e garantite nel tempo, non erogazioni di denaro o incentivi a fondo perduto. Non marcare questa differenza è un grave errore. La polemica. L’invito di Berlusconi agli imprenditori a fare qualcosa (in più) per il Paese sta nell’ordine delle cose, perché può valere per tutte le categorie. La risposta tranchant della Marcegaglia appare anche qui liquidatoria e quindi superficiale. Basterebbe ricordare alcuni dati, che ci dicono come gli imprenditori italiani (con lodevolissime eccezioni) dal 2000 al 2009 abbiano spesso scelto di distribuire anche in tempi di magra gran parte o tutti gli utili in dividendi agli azionisti (quindi anche a se stessi). E come gli investimenti siano stati più bassi dell’autofinanziamento. O ricordare, se si storce la bocca davanti all’assegnazione di nuovi fondi per la ricerca, che questa vede in Europa una quota privata che è mediamente i due terzi del totale, mentre in Italia siamo al 40%. Quanto alla Cgil. Emma Marcegaglia infine critica la svolta conservatrice della Cgil e la via giudiziaria imboccata dalla Fiom per risolvere le vertenze contrattuali. Finalmente decisa, si potrebbe dire. Ma non una parola per riconoscere che la svolta nelle relazioni industriali in Italia, compreso lo strappo di Marchionne, sarebbe stata impensabile se al governo del paese vi fosse stato il governo della sinistra, pronto a entrare a gamba tesa nelle trattative tra impresa e sindacato. Il governo Berlusconi ha agito con una decisione e una coerenza che forse la stessa Fiat si sarebbe attesa da altri soggetti. Confindustria compresa, come ben sa Emma Marcegaglia.

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